Il MOULINSKI: da autorimessa a bistrò musicale
In primo luogo, il nome: Moulinski in onore del grande Stanislao Moulinsky, il re del travestimento arci-nemico del Nick Carter di Bonvi. Non Mulinski, Mulinsky, Mulisky e neppure Muliski, Mouliski e Moulisky; tantomeno Mulinschi o Mulischi; ammissibile invece l’uso del famigliare e soffice nomignolo Mou e quello della denominazione “storica” di Garage Moulinski.
L’edificio in cui si trova il Moulinski è stato infatti adibito ad autorimessa per quasi un secolo; un lento e accurato lavoro di radicale ristrutturazione lo ha portato ad essere un ambiente grande ed altissimo, al cui interno trovano posto un bel palco per la musica dal vivo e diversi alberi di canfora (per la primavera inoltrata è previsto addirittura l’arrivo di quattro o cinque banani). Ci troviamo al numero 4 di via Pacinotti, nel cuore della zona Cagnola, un’area di Milano sempre più vivace e in via di rapidissima riqualificazione urbanistica, sita tra piazza Firenze, viale Certosa, piazzale Accursio e via Monte Generoso.
Il Moulinski si definisce “bistrò musica”: è un informale ed accogliente locale serale che offre musica dal vivo e cabaret di cultura oltre ad un appassionato e curatissimo servizio di bar e ristorazione a prezzi più che ragionevoli. Si bevono cocktail ben fatti, birra artigianale alla spina, vini di ricerca e la straordinaria ed economicissima grappa di montagna Levi, a richiesta accompagnati da abbondanti taglieri di salumi di Chiarone o da acciughe del mar cantabrico.
Lo chef Nicola Sitia fa uso di materie prime attentamente selezionate per proporre piatti della tradizione italiana e non solo, talvolta realizzati in modo filologico (è il caso del risotto alla milanese, che segue passo passo la ricetta di Carlo Emilio Gadda, e degli apprezzatissimi falafel, identici a quelli di Jaffa Road a Gerusalemme) e talvolta originalmente reinterpretati, come nel caso del roastbeef al barbera con cipolle caramellate. Ottimi i dolci, rigorosamente di produzione propria.
Il venerdì in concerto i migliori interpreti del mainstream jazz italiano, invitati al Mou da Michele Franzini. Gli altri giorni della settimana si ascolta musica di tutti i generi, anche quelli meno consueti a Milano: jazz elettrico ed elettronico, punk acustico, musica colta contemporanea e ensemble barocchi, folklore meneghino e balcanico, musica sefardita e klezmer...
Nei primi quattro mesi di vita del locale il Mouliniski ha offerto una programmazione di notevole rilievo sia per numero che per qualità e varietà degli eventi.
Hanno calcato o si accingono a calcare il palco del Moulinski grandi nomi del jazz internazionale, come Tiziana Ghiglioni, venuta al Mou con Cavallanti e Tononi, Billy Lester col suo trio, Larry Schneider (con il trio Franzini-Mattei-Faraò) e Takahiro Kitte, che si è proposto in quartetto poco dopo l'apertura del locale. Altrettanto hanno fatto personalità notissime della musica brasiliana quali Hector “Costita” Bisignani, che ha suonato con l'Ajmar Quartet, e il chitarrista Luiz Meira, esibitosi in duo con Patrizia Di Malta.
Il filone del jazz mainstream, molto amato dal pubblico del Mou, è stato percorso con successo in molte serate, tra le quali vogliamo ricordare le applauditissime esibizioni di Simone Daclon, Marco Detto, Roberto Tarenzi, Ermanno Principe, Antonio Zambrini, del duo Pepe e Pancho Ragonese, del duo vibrafono e chitarra di Aliffi e Bianchi e del duo composto da Irene Burratti e Alex Usai.
Rudi Manzoli ha guidato una ben nutrita formazione di jazzisti di rango, il Double Sided Octet, nella presentazione del CD Gazelle - The music of Joe Henderson.
Protagonisti di eventi di grande richiamo sono stati il trio di Carlo Morena e quello di Stefano Sernagiotto, il quintetto di Mauro Brunini con Tullio Ricci e i quartetti di Minardi, Ferrario-Cattaneo e Giampiero Spina.
Michele Franzini e Tito Mangialajo Rantzer hanno suonato spesso nelle serate mainstream, guadagnandosi rapidamente l'affetto di un pubblico competente e fedele.
Ai confini del jazz si sono mossi invece la bravissima vocalist e polistrumentista Camilla Battaglia - con un progetto intitolato EMIT - RotatoR TeneT, i torinesi Gregor Kay - rappresentanti del jazz elettrico più avanzato che si sono divertiti e hanno fatto divertire con brani di sconcertante complessità ritmica , e l'AB Quartet - che ha reinventato Debussy in chiave free con esiti di estrema raffinatezza, in cui il piacere d'ascolto faceva passare in secondo piano il grande virtuosismo degli interpreti.
Il mix tra tradizione jazzistica e live electronics è stato esplorato, con modalità diversissime, dal The Groov Duo di Ruvidotti e Vagliasindi e dal duo D'Amico - Da Ros.
La vetta dell'estremismo musicale al Moulinski è stata imprevedibilmente toccata da tre ragazze dall'aria angelica e di solida formazione classica, il trio voce-flauto-chitarra Ernie-Tantanotzi-Naibo: una volta sul palco si sono rivelate delle autentiche satanesse e hanno dato vita ad una seduta di improvvisazione microtonale di sconcertante violenza: per molti versi, una serata stranissima e memorabile.
I Killi Billi, alfieri del punk acustico, e il Mario Guida Trio, gruppo dedito ad un blues partenepeo molto danzereccio, hanno regalato serate scatenate; la Piccola Impresa Musicale ha proposto un bellissimo viaggio nell'America del blues; Tom Gallizia ha dedicato un concerto al suo amatissimo Springsteen.
Esito trionfale per la musica di ispirazione folklorica portata dai Mi linda Dama, venuti a Milano con le loro "Historias sefarditas", e dagli Ajde Zora, che hanno dato vita ad un capodanno emozionante all'insegna della tradizione gipsy dei balcani.
Il folk nostrano è stato rappresentato dai Maltrainsema, gruppo ovviamente milanesissimo, e dalle Cantarei che propongono un repertorio polifonico di canti di protesta, di lavoro e di amore.
La canzone italiana assume progressivamente maggior spazio nella programmazione del Moulinski: Roberto Durkovic con i fantasisti del metrò, che si muove tra musica rom e canzone d'autore, il progetto jazzistico su Tenco proposto da Alan Bedin, la genovese Giua, il live acustico dedicato a Pino Daniele da Eva Falanga col chitarrista Pierluigi Ferrari, Enzo Beccia col Quartetto Espandibile... Ma soprattutto il Mou è stato eletto a teatro del grande ritorno della Scuola Milanese di Fava, Orselli e Sanfilippo, con un evento in tre serate intitolato proprio "Trilogia Moulinski".
Per l'otto marzo il pianista milanese Giovanni Gilioli ha ritratto in musica le signore presenti in sala e in due affollate serate la singolare figura di Nina Madù ha segnato l'esordio del nostro locale sul difficile terreno del cabaret culturale.
Anche il teatro musicale per bambini ha trovato spazio in via Pacinotti, con Pierino e il Bruco di Stefano Corradi.